domenica 1 giugno 2014

Come si dice "mi piaci" in italiano?

Poi la sera rientrando in casa, due ragazzi tedeschi escono dalla camera di Tom e Alicia.
«Abbiamo conosciuto Tom e Alicia in campeggio. Tom ci ha detto che possiamo fermarci qui qualche giorno. È stato proprio gentile, anche se era ubriaco quando ce l’ha chiesto.»
Avranno su per giù vent’anni, lungagnoni e spalle larghe, uno è così biondo da avere le ciglia quasi bianche, l’altro ha gli occhi verderame e i riccioletti castani. Io e Simona senza nemmeno guardarci pensiamo la stessa cosa.
Facciamo subito amicizia. Sono patiti di motocross, ci fanno vedere le cicatrici che hanno sulle braccia, sul petto, sulle spalle. Il biondo, che dice di avere 24 anni, sa chi è Fabri Fibra e ha una sincera venerazione per Valentino Rossi. Capirai, ragione in più per diventarmi amico, visto che sono di Pesaro. L’altro, silenzioso, gli occhiali da dentista, la camicia infilata in pantaloni della giusta taglia, bella cintura, ha 19 anni soltanto. Anche loro sono due WHV che come me si sono buttati in questa avventura. A differenza di me però questo è il loro secondo anno e viaggiano su un furgone.
La notte è limpida e profumata, ci sono un sacco di stelle nel cielo. Dopo essere stati da Nicoletta e avere finito ufficialmente gli avanzi delle feste, ce ne andiamo in veranda da me. Tom e Alicia se ne vanno a dormire e restiamo noi quattro.
Si crea un’atmosfera che mi catapulta dritta nel ricordo di qualche pagina di Jules et Jim, di quando, prima di innamorarsi entrambi follemente di Catherine, i due oziano di salotto in salotto, temporeggiando l’esistenza con aforismi, oppiacei e belle scopate occasionali.
Ci raccontano così le loro mille avventure, brillantemente: del lavoro nelle farm, degli strani personaggi incontrati in giro, della Gemania, del vivere sempre come viene.
«Come si dice mi piaci in italiano?»
Eduard ha gli occhi di un azzurro ghiaccio che vibrano per intelligenza e un briciolo di spacconeria.
«E in tedesco, come si dice in tedesco?»
Le ore più si fanno piccole più si mangiano la notte, così ce ne andiamo a dormire con la promessa di passare del tempo insieme il giorno dopo.

Quella mattina lavoro, così ci incontriamo in cbd nel pomeriggio. C’è anche Tom con noi, mi fa piacere, non ne so abbastanza da fare da Cicerone e addirittura Simona ne sa più di me, che era venuta a visitare Melbourne tempo prima. Ma sapete, quando lavori non ha tempo di girarti la città e quando sei off sei così stanca che ti vuoi riposare, senza dire che devi fare il bucato, la spesa, tutte quelle cose per prenderti un po’ cura di te.
Ci prendiamo una birra in un posto fichissimo che si trova nel bel mezzo del fiume Yarra che serpenteggia un paio di volte prima di sfociare nel mare. È un punto parecchio turistico, s’immagina, ma la birra costa come dalle altre parti. I backpeker sono poveracci per definizione, specie gli europei. Avevo fatto amicizia con una ragazza cinese in fabbrica, un amore di ragazza, ecco lei per esempio aveva preso la casa vicino alla fabbrica con altre ragazze cinesi, in camera doppia, lavorando mesi e mesi senza sosta e guadagnando però un sacco di soldi. Ecco, per me non ha senso campare così, visto che se vuoi ti diverti – tanto! – con niente, specie se non fumi, non usi droghe, bevi poco e ti accontenti di avere dieci magliette in tutto.
A parte questo, decidiamo di fare un po’ di spesa e di improvvisare un barbecue per la serata. Si fa presto, Alicia telefona ad alcuni amici, che dicono subito di sì senza pensarci troppo, non come in Italia che devi fare l’evento su facebook una settimana prima, dove gli stessi che si lamentano che non c’è mai niente da fare sono oberati di impegni e non sanno se riescono a liberarsi.
Comunque, nel giro di poco tempo, la casa si riempie: ci sono gli amici di Tom e Alicia, Nicoletta e i suoi housemates, gli amici di Eduard e Ferdi.
Il bello di Alicia e Tom è che sono due fuori di testa. Lei, siccome le piaceva l’idea di fare la dj, s’è comprata un impianto sfacciatissimo e le luci stroboscopiche; lui la segue fedelmente in ogni sua follia e in men che non si dica il salotto è diventato un club, con tanto di birre gelate da prendere direttamente dal frigo.
Julia è un’amica di Alicia e in passato aveva lavorato come spogliarellista. È una ragazza acqua e sapone, magra come un giunco di palude, senza seno, 22, 23 anni, lo non diresti mai. Ci andrò poi a casa sua, un appartamento bellissimo in piena Fitzroy, con un pianoforte, le finestre alte ottocentesche, e un palo che scende dal soffitto sul quale si arrampica e si attorciglia ogni tanto. Vive con Claire la ragazza di Eduard. Lei e Eduard si erano conosciuti anche loro in campeggio e avevano dormito insieme. Lei però è arrivata dopo alla festa, intanto sono successe altre cose.
Julia, dicevo, a un certo punto s’è tolta il vestito ed è rimasta in mutande. È finita che siamo rimasti tutti in mutande. Non credete, non c’era niente di strano in quel gesto, tanto meno di lubrico: era semplicemente estate, c’era la musica e i grilli, buona musica e forse sì, qualche birra di troppo. Oddio, c’era sì un po’ l’atmosfera de Il tempo delle mele, i baci rubati, gli abbracci, ma tutto restava tremendamente innocente. Credo fosse lo spirito che c’era in ognuno di noi, cantavamo il nostro inno alla bellezza. Avevano tutti poi poco più di vent’anni, io forse l’unica di 30.
Poi c’è stato un momento incredibile sull’istante, imbarazzante il giorno dopo e divertente adesso che ci ripenso. Ad un tratto Eduard viene da me e mi dice che piaccio tanto al suo amico, e io, ammorbidita dall’alcool e dai suoi occhi di ghiaccio così difficili da evitare, gli dico che no, non c’è storia, mi piaci solo tu, o tu o nessun altro. Sorride e da vero gentleman mi da un bacio sulla guancia, con Claire che stava seduta lì vicino e si era vista tutta la scena.
Evabbè amen. Vado da Simona e le racconto l’episodio, e ovviamente ride da morire. Poi ad un tratto sparisce anche lei. Eduard e Claire si sono chiusi in camera, nella mia di camera ci stanno tre persone che non ho capito chi. Mi rimetto la maglietta e con un avanzo di pane e patate mi siedo per terra a mangiare. Nicoletta è alle prese con Brad. Si mettono a litigare, lui la offende dicendo che quello che c’è stato tra di loro è ormai polvere, così lei mi prende per il braccio e mi porta a dormire a casa sua.
Le due case continuano intanto a ospitare i set di Beautiful. Due coppie si sono più o meno stabilizzate, come negli acquari naturali che se aggiungi un elemento nuovo tutto l’ecosistema si sballa. Le coppie sono Eduard e Claire, che profumano d’amore a un chilometro di distanza, e… Simona e Ferdi. Sì, lei ce lo conferma, niente di che, lei ha 28 anni, lui 19 e non è mai stato con una ragazza. Si sono scambiati qualche bacetto e hanno dormito abbracciati. Siamo di nuovo in camera di Nicoletta a tirare le somme della serata. Nell’altra stanza gli amici del metal stanno fissi davanti la tv, vampirizzati da un videogioco. È l’ultimo pomeriggio, ognuno è per tornarsene a casa, gli entusiasmi si sono intiepiditi.
Simona prenderà il suo volo per Perth, al lavoro chiedo al mio capo com’è andato il capodanno. Lui mi dice che è stato una porcheria, né droga, né troie a St. Kilda.
A casa c’è rimasto solo Ferdi perché Eduard s’è trasferito da Claire. Finalmente ho un po’ di tempo per riposarmi, per studiare un po’, mi dico, quando sento ticchiettare sulla mia porta.
«Facciamo qualcosa?»
Ferdi mi rivolge lo sguardo pigro di un ragazzino che è stufo di fare i compiti. Evabbè, mi dico, sarà un’occasione per allenare il mio inglese, anche se ho solo voglia di stare a casa.
Incontriamo un paio di suoi amici che erano alla festa la sera prima. Il ragazzo che aveva chiesto di me a Eduard si vergognava, così ci ha messo del tempo prima di guardarmi in faccia, e io ovviamente ho fatto di tutto per sdrammatizzare. Siamo in un centro commerciale, Ferdi cerca un paio di pantaloni, dice che non vuole spendere ma ogni volta si indirizza sulle linee più costose. Vai in un negozio di seconda mano, gli dico. Sbuffa annoiato, però domani facciamo qualcosa, non come oggi. Non sono mica tua madre, mi sfugge, io lavoro, non ho tempo di portarti a spasso. Apriti la guida e studiati le cose che ti piacerebbe fare.
Eduard, Claire e Julia ci aspettano in un bar a Fitzroy. Ci scambiamo sguardi di imbarazzo, io e Claire, ma poi rompiamo il ghiaccio. Sia lei che Julia sono due ragazze strepitose. Entrambe studiano teatro, Julia come attrice, Claire come sceneggiatrice. Claire ha pubblicato già un’opera, in biblioteca, dice, Eduard pesca un libro ed era il suo. Incredibile, no? Sarà stato il destino.
Ormai sono sciolta, do il meglio di me, Eduard si diverte e facciamo i cretini. Lui mi sfotte per il mio accento italiano e fa la mia imitazione, io ricambio e tutti ridono. Cambiamo bar, io racconto alcune delle mie tante storie, faccio sempre la parte del marinaio con la sua bella scorta di leggende e riti e magie apprese dalla strada.
Finiamo in un club con bella musica dal vivo. L’ambientazione è stile hawaii, con le palme di plastica e il personale con le collane di fiori al collo. Io sono vestita male come al solito, ho una maglietta nera con lo scheletro della cassa toracica disegnata (che avevo comprato al museo della Scienza e della Tecnica a Londra), la camicia a scacchi e i jeans. Faccio ballare dame e damerini, di tutte le età, anche un vecchietto vestito di bianco con il panama in testa. Da quattro che eravamo a ballare in mezzo alla pista diventiamo prima dieci e poi venti. A Ibiza facendo così mi avevano offerto un posto di lavoro. Tutti si divertono un casino, mi piace fare il giullare di corte, Claire e Julia mi guardano con ammirazione. Julia mi chiede di trovarle un ragazzo. Per quanto sia bellissima, è giovane e insicura, assomiglia terribilmente alla ragazzina che ama Woody Allen in Manhattan. Le dico che so quello che ci vuole per lei. Corro in mezzo alla folla danzante, scovo un bell’ombroso coi capelli lunghi in piedi all’angolo (in piedi agli angoli a volte ci stanno i migliori). Lui s’incazza sul momento, pensa che lo prendo per il culo, finché non spunta tra le teste la manina di Julia che saluta nascondendo un sorriso. Parlano, ma lui non ha ben chiara la situazione e molla. Ok, stavolta m’è andata male, ogni tanto sono brava ad accoppiare le persone.
In pista riprendo a fare la scema e mi inginocchio ai piedi del palco, con la mano sul cuore, guardo il chitarrista e gli dico più volte “I love you”, e sbatto le ciglia, con tutti gli altri che se la ridono, gli strappo un sorriso sghembo, intanto che mi guarda stranito.
Niente, finisce che scherza che ti scherza, finito il concerto, il chitarrista si fa largo in mezzo alla folla e mi cerca. Tutto è molto romantico, come nei film, mi guarda da lontano, si avvicina lentamente. Balliamo un po’ con le fronti attaccate (e intanto penso, ma pensa tu!) e alla fine mi bacia. Si è fatto tardi, i ragazzi decidono di andare. Gli scivolo via tra le braccia e corro di fuori esultante.
Dormiamo tutti a casa di Julia e Claire. La casa ripeto è antica e meravigliosa. Poche cose ma di valore. Una libreria tarlata ospita vecchi tomi enciclopedici, poi un pianoforte, due bei divani, e questo palo d’acciaio che scende dall’alto.
Al mattino mi sveglio presto, saranno circa le 7. È il mio day off e non ho fretta, ma mi piace andarmene da sola senza svegliare nessuno e camminare per conto mio per la città.

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