Vi avevo lasciato nel bel mezzo dei racconti di Vamana
Valley, il resort gestito dagli hare krisna, mentre in tempo reale salutavo
Sydney in partenza per Ho Chi Minh. Mi sembra ieri, eppure è passato un anno.
Di cose ne sono accadute un’infinità, raccontarle tutte ora
mi è difficile, non tanto per la memoria, ma emotivamente parlando. Philipp e
io abbiamo avuto una storia di circa un paio di mesi. Non mi sento responsabile
del suo abbandono dei voti religiosi, credo di essere stata una buona persona
con cui si è confrontato in un momento cruciale della sua vita, tutto qui.
Vamana Valley era circondata dal verde, un verde simile allo sfondo usato per i
fotomontaggi in postproduzione, dove gli attori recitano su un fondale monocromatico
e l’ambientazione viene aggiunta a posteriori. Eravamo lontani dal mondo, da
tutti, da noi stessi non lo so.
Ci eravamo baciati una sera. Io ero sbronza e un po’ su di
giri. Non potevamo fare uso di alcolici, Vamana Valley era una comunità
religiosa, bisognava dunque astenersi da fumo, alcool e sesso all’interno del
resort. Ovviamente fuori potevi fare ciò che volevi.
Quella sera io e altri due ci eravamo presi la giornata
libera, quindi eravamo andati col treno a Woolongong. Avevamo fatto amicizia
con due tizi che avevano staccato dal lavoro. Tra birre e sigarette, uno di
loro tira fuori la carta di credito e una banconota da dieci dollari. Eravamo
seduti in terrazza, praticamente sulla strada, ma nessuno di loro si è
preoccupato di doversi nascondere in bagno.
Torniamo che è notte fonda. Philipp era disteso sul prato
avvolto in una tunica bianca. Mi distendo accanto a lui. Guardiamo le stelle.
Mi dice che è molto più piacevole condividere il cielo con qualcun altro. Poi
mi bacia.
I giorni seguenti giochiamo al gatto e al topo, occhiate
complici e baci rubati non appena restiamo soli. La prima notte che abbiamo
dormito insieme lui aveva pianificato tutto nei dettagli. C’era la suite, la
camera più bella ed elegante del resort, con la parete a vetro scorrevole che
si affacciava sul bosco, il bagno in camera e le lenzuola migliori. Philipp
aveva le chiavi. Se lo beccavano non oso immaginare cosa sarebbe accaduto. Si
era rasato a zero e aveva lasciato Amburgo a 17 anni per Krisna e il Sud Africa,
a 23 anni era evidentemente ancora abbastanza sveglio e incosciente per riscoprire
il sesso dopo cinque anni di voto.
Le volte successive prendevamo la Volkswagen e andavamo
sulla spiaggia. Dovevamo stare sempre attenti che non ci scoprissero. Parlavamo
tanto e ascoltavamo i brani di un pianista portoghese. Suonava il pianoforte,
mi faceva entrare nella sua stanza e ascoltare le sue tracce mp3. Per qualche
giorno abbiamo pensato di fuggire tutti e due in Thailandia o di proseguire il
viaggio insieme. Il suo visto religioso sarebbe scaduto a breve e lui doveva
decidere se estenderlo per restare o interromperlo per ritornare a Rotterdam e
ricominciare daccapo. Facevo lunghe passeggiate in solitaria, cantavo per non
pensarci. Se restava avrei avuto altro tempo con lui, se tornava a casa addio voti
e forse, in un futuro, ci saremmo potuti reincontrare. Una notte avevamo
ottanta ospiti e non esisteva stanza per stare insieme. Ci lasciamo inghiottire
dall’oscurità sotto una pioggia estiva senza tregua. È stato lì che abbiamo
pensato alla Thailandia o di proseguire a nord est, verso Darwin, passando per
Brisbane e la Gold Coast. Un gruppo di cervi ci passa accanto in quel momento:
pensiamo entrambi a un segno o a una benedizione.
Quando è partito non sono andata a salutarlo perché ero
troppo arrabbiata e gelosa. Sapevo che mi aspettava. Era andata bene così.
Avevo ancora davanti sei mesi di viaggio, non me la sentivo di viaggiare in
coppia, volevo consumarmi i giorni allo sbaraglio, senza vincoli né
preoccupazioni verso qualcun altro. Lui si era spaventato e io lo stesso. Più i
nostri incontri erano intensi più il giorno seguente il precipizio si allargava.
Avrei voluto accoglierlo ma non ne ero in grado. Credo lo stesso sia capitato a
lui.
Non potevo credere che mi avesse telefonato dall’aeroporto.
Ero in estasi. Voleva salutarmi e augurarmi buona fortuna.
Qualche settimana dopo decido di lasciare Vamana Valley e mi
trasferisco a Cronulla, una cittadina sul mare a un’ora di treno da Sydney.
Facevo la lavapiatti in una café vegano e leggevo i tarocchi. Sono abbastanza
fortunata da trovare immediatamente casa, così, qualche settimana dopo aver
trovato lavoro, mi trasfersico nell’appartamento di una mia collega. Si chiama
Sarah, capelli rossi, 36 anni. È una ragazza madre. Devono esserci stati dei problemi, suo figlio non
viveva con lei ma con il padre a Perth. Soffre di forti depressioni ed è
convinta che tutto il mondo voglia fregarla. Suo fratello è eroinomane, entra e
esce dalla comunità, suo padre un uomo che sembra molto buono ed estremamente
fragile, sua madre, stando ai racconti di Sarah, un’anaffettiva sociopatica che
salta da un partner all’altro. L’appartamento di Sarah è bellissimo. Ha molto
gusto ed è molto pulita. Non ha amici, per cui passiamo un sacco di tempo
insieme. Il venerdì sera ci prendiamo un dvd nella videoteca in fondo alla via.
Parliamo un sacco e grazie a lei il mio inglese è migliorato.
Sa
che adoro scrivere. Una sera mi propone di seguirla fino Sydney a un incontro
di scrittura creativa.
-“Non
è proprio scrittura creativa... è una scrittura creativa ‘spirituale’...”.
Va
bene, le dico, non c’è problema, ogni cosa nuova è interessante. Lungo il
tragitto in macchina mi confida che in realtà si tratta di un incorntro di
preghiera. La cosa mi diverte, è proprio fuori questa, mi dico, ad ogni modo
imparerò qualcosa.
La chiesa
non è cattolica. Le chiedo se è anglicana o protestante ma Sarah non mi sa
rispondere. C’è un impianto montato sull’altare con casse stratosferiche,
chitarre elettriche e batteria. Sembra l’allestimento di un concerto rock. Lì
sotto ci sono delle sedie disposte a ferro di cavallo con delle persone. Non
avevano l’aria del tutto equilibrata, ma sorvoliamo. Al centro, una donna dai
lunghi capelli biondi, i Camperos e le dita inanellate si scalda la voce al
microfono intanto che distribuisce fotocopie con versi e letture. Parla per
circa un’ora di temi quali la famiglia, la società e l’amore di Dio. Poi ci fa
alzare tutti in piedi. “Chiudete gli occhi e respirate”, ci dice. L’esercizio
assomigliava al rilassamento del training autogeno. Poi ad un tratto chiede chi
di noi riesce a sentire le Presenze.
WTF!
Guardo Sarah per chiederle spiegazioni. Alcune persone si avvicinano all’altare
e cominciano ad urlare. Una signora piccola e grassa ride e si accascia per
terra. Un’altra, completamente in trance, viene toccata dalla sacerdotessa
sulla spalla e comincia anche lei a contorcersi e a dimenarsi. Il tutto è
andato avanti per un’altra ora. Incitavo Sarah a farsi toccare anche lei per
vedere che succedeva, ma mi ha detto di no. Ce ne andiamo noi alla fine, con le
urla, i gemiti e le risa isteriche che restavano alle nostre spalle.
Sarah
ha continuato ad andare agli incontri per circa due volte poi ha abbandonato.
Alla fine, lei cercava solo un uomo di cui innamorarsi e che prima o poi la
sposasse. Mi aveva raccontato che Chris, il ragazzo avuto per un certo periodo,
beveva e la picchiava. Non voleva poi che suo figlio Antony di 8 anni al
mattino si intrufolasse nel letto di sua madre. Poi un giorno è fuggita di casa.
Così era finita con Chris. Brad, il padre di Antony, dai racconti di Sarah, non
doveva essere troppo male, nel senso che almeno era presente e non le alzava le
mani. Lei non voleva comunque starci, non le piaceva troppo, anzi, lei all’inizio
era innamorata del suo amico, ma poi le cose sono andate così. Era rimasta in
cinta per sbaglio. Mi ha detto che per quanto ama suo figlio Antony, se tornasse
indietro probabilmente oggi farebbe scelte diverse. Si guardava allo specchio e
si vedeva brutta e vecchia. Non guadagnava molto ma ogni tanto si sottoponeva a
iniezioni di botox sugli zigomi e agli angoli della bocca.
In
certi momenti la convivenza con lei è stata dura, ma le ho voluto molto bene.
Mi ha trattato con i guanti e pagavo la mia stanza una miseria. Lei non voleva
vivere da sola.
L’ultimo
episodio che voglio ricordare di Sydney riguarda Simona e quando ha preso un
volo per venirmi a trovare. Oltre ad amarla profondamente, insieme ci
divertiamo sempre da morire. La prima sera lei aveva fatto couchsurfing da un
tipo che alla fine ci ha provato. L’avevo conosciuto anche io. Ci eravamo dati
appuntamento al Sydney Opera House, in un posto con ristoranti e bar per
aperitivi sul porto con gruppi musicali che si esibiscono. La sera dopo, stesso
posto, ma solo io e Simona. Lei mentre aspettava che arrivassi da Cronulla
aveva conosciuto due ragazzi. Mentre cammino tra i tavoli per cercarla, un
ragazzo con due bellissimi occhi blu mi chiama per nome.
Simona
era andata in bagno e infatti la vedo arrivare poco dopo. Lui si chiama Pier,
francese. Dice che nella vita lui è ricco e che non ha bisogno di lavorare.
Alan, il suo amico, è archeologo ed è originario di Sydney. Pier era
catapultato a Sydney per amore. Aveva conosciuto una ragazza australiana in
Francia e l’aveva seguita, poi le cose erano andate male. Diceva di fare lo
scrittore. Di cazzate ne aveva dette parecchie ma era molto brillante e
piacevole. Aveva 26 anni e di sicuro uno stuolo di ammiratrici appresso. Dopo
un po’ che parliamo le coppie si formano, Alan con Simona, io con Pier. Finiamo
la seconda bottiglia di vino.
Andiamo
insieme in locali chiccosi in cui non avrei mai lontanamente pensato di poter
mettere piede. Loro certo erano molto benestanti e ci avevano offerto praticamente
tutto. Era un sogno. Al posto della zucca avrei gradito una doccia e degli
abiti più eleganti. Invece avevo appena staccato dal lavoro ed ero con la mia
inseparabile giacca a vento presa alla Decathlon.
A
fine serata andiamo a casa di Pier. Poco dopo Alan e Simona si spellano dai
baci. Io e Pier siamo sul divano. Dopo un po’ mi fa segno di sedermi accanto a
lui. Restiamo così abbracciati finché non viene un freddo cane e ci spostiamo
in camera da letto per ficcarci sotto le coperte. Simona era con Alan a casa sua. Mi sarebbe venuta a
prendere con il taxi alle cinque del mattino per tornare a Cronulla e dunque
ripartire per Adelaide. Con Pier ci salutiamo velocemente, si sistema la camicia
nei pantaloni, un abbraccio e nice to meet you.
Io e
Pier non ci siamo più visti né sentiti. So che ultimamente aveva trovato lavoro
a Budapest ma che non gli piace affatto. L’ho saputo da Simona che invece con
Alan ha fatto sul serio per un po’. Sembrava la storia della vita. Simona ha
passato l’estate in barca a vela, lavorando come cuoca in attesa di notizie dal
Phd. Ci siamo incontrate ieri, qui a Pesaro, sta una favola.