«La verità è che vogliono farci
fuori tutti, è così. Vero, babe?»
Tom sostiene che gli aerei con la
scia bianca rilascino polveri tossiche per ammorbarci, farci morire o renderci
sterili per il controllo della popolazione. Aspira profondamente il suo
spinello prima di passarmelo, ma preferisco saltare il giro.
La nuova casa di Tom e Alicia è
decisamente in periferia, arrivarci con i mezzi è una rottura, così un paio di
loro amiche mi passano a prendere in macchina. È un bel party della domenica
pomeriggio. Si festeggiano due cose per la verità: la nuova casa di Tom e
Alicia e la mia partenza. Ero reduce di un weekend bello intenso, venerdì ero
stata con Marco, il dj-pizzaiolo di Roma, sabato in giro, domenica c’era stato
l’Australian Day con Nicoletta e Tamish,
che però a una certa avevo abbandonato perché non ce la facevo più.
Quando c’è l’Australian Day tutti gli australiani si riversano in strada per i
festeggiamenti. Le prime birre si stappano dal mattino e poi barbeque su barbeque,
ovunque. Ogni prato, parco, quel che sia, è colonizzato da capi provenienti da
diverse parti della città. Qualcuno è travestito, in molti hanno in faccia
disegnata la bandiera australiana e tutti, ma proprio tutti, sono ubriachi. Si
svegliano alla mattina già ubriachi di default, secondo me, perché è l’Australian
Day.
Ma che cos’è di preciso l’Australian
Day? Questa è facile. Festeggia lo sbarco
della prima scialuppa britannica a Port Jackson nel 1788 nel New South Galles.
Ma se si chiamava New South Galles vuol dire che qualcuno ci era già arrivato
prima! E infatti è così. Il nome New South Galles gliel’aveva dato infatti
James Cook, che era arrivato a Botany Bay nell’aprile del 1770. Con la prima scialuppa britannica, lui. Il 26 gennaio quindi, più
che sbarco della prima scialuppa britannica come dice ogni australiano, è in realtà la data in
cui Arthur Philip, primo governatore del New South Galles, inaugura Botany Bay
qualche chilometro più a nord e la chiama Sydney. E tu, straniero, che approdi
a Sydney per la prima volta, sappi che dove c’è adesso l’aeroporto quella è
esattamente Botany Bay.
Alla festa a casa di Tom e Alicia
c’è un sacco di gente, la maggior parte li conosco tutti. Ci sono anche Julia e
Claire e gli leggo le carte. Claire pensa a Eduard e le dico che anche Eduard
pensa a lei, anche se adesso c’è la distanza a separarli. Julia se ne andrà
presto in India, un po’ per vacanza un po’ per trovare se stessa. Tanti vanno
in India per “cercare se stessi” o per “trovare se stessi” o, ancora, per
“ri-trovare se stessi”. Comunque sia, ora mi è chiaro perché l’India è
sovrapopolata.
Alicia ha piazzato una piscinetta
gonfiabile in mezzo al prato e montato uno dei suoi dj set davanti la cucina.
Facciamo una bella foto tutti insieme, con le birre in mano, le collane
floreali, io la mano fasciata per la tendinite. Grazie al cielo mai più teglie
sataniche da scrostare, finalmente potrò riposarmi. C’è chi piange perché
parto, e in effetti, non rivedrò mai più nessuno di loro. Fa strano stare
davanti a qualcuno che sai per certo non rivedrai mai più. Per fortuna c’è
facebook, ma anche l’algoritmo degli I like, delle interazioni e delle cerchie
riducerà giorno dopo giorno la loro presenza sulla tua homepage.
Torno a casa ubriaca lercia, sono
totalmente frastornata, la stanza mi gira attorno come una giostra. Nicoletta
si è da poco ripresa dal suo di hangover, mi dice qualcosa ma ricordo ben poco.
Ah, ecco, mi dice che Tamish vuole essere svegliato al mattino prima che io
parta – tipo alle cinque – poi al mattino quando lo sveglierò mi darà il foglio
con l’ultima bolletta da pagare. Che tenero.
Ho lasciato a Nicoletta alcune
mie cose, ho cercato di alleggerire lo zaino il più possibile. Le cose più
pesanti sono il mio portatile con tanto di tavoletta grafica e la reflex.
Prossimo viaggio lascio la macchina fotografica a casa. Proprio non mi piace
scattare fotografie. Non ha senso, visto che su internet ci sono milioni di
foto uguali alle tue. Per i momenti intimi, quelli unici che non trovi su
Google, non mi va di interrompere il momento facendo foto. Poi tanto al massimo
c’è qualcuno con il telefono con più megapixel del mio che mi taggherà da
qualche parte. E se ti metti a fare foto alle feste non ti godi il momento e
hai sempre il pensiero di questo ingombro. E poi, come fai a ballare e a
pomiciare con la macchina fotografica al collo?
Salgo sul pullman, trafelata,
emozionatissima. Si parte. Prima tappa Canberra, poi Goulbourne. In direzione
del niente.
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