lunedì 5 maggio 2014

La bestemmia, Italians (really) do it better.


Mi piace lavorare al Lounge Bar, i camerieri sono tutti ragazzi giovani, gentilissimi, uno più carino dell’altro, ragazzi e ragazze intendo. I ragazzi di Melbourne sono diversi dagli altri australiani. Indie style, per entrambi i sessi, sembra di aprire una rivista di tendenza e loro se ne spuntano fuori come sagomine da un libro pop-up. Nancy ha i capelli corti biondissimi e sulle labbra un rossetto rosso scarlatto. Le piacciono le camicie che si annodano sulla pancia, all’americana. Adele, come Roy, ha nel sangue i geni italiani di lontani bisnonni. Ha i capelli castani scuri decolorati sulle punte (un tempo blu), porta sempre gli anfibi e pantaloncini cortissimi. In generale, le australiane hanno gambe meravigliose, dritte, lunghe e sottili e anche i ragazzi sono molto belli, ma un po’ troppo patinati per i miei gusti. I loro tatuaggi sono ricercati, le barbe e le basette curate al millimetro, ancora camicie a scacchi e blue jeans col risvolto.
Un paio di loro quando rientrano dalla pausa lasciano dietro di sé un’aromatica scia di marijuana.
«Qui in Australia fumiamo tutti; è praticamente impossibile trovare qualcuno che non fumi.»
Questo è quello che mi ha detto Den una sera che ero off. Ha 19 anni, i capelli lunghi da rockettaro, trasandato casual. Mi dice che devo andare assolutamente a Fitzroy, uno dei più fichi quartieri di Melbourne. Lì sì che ci sono locali come si deve, con musica ok, gente tranquilla, tutto l’opposto di St. Kilda, per dire, piena di bogans, ovvero i bellimbusti palestrati ricoperti di tatuaggi tamarri, occhiali da sole, cappellino, canotta sbudellata sui pettorali.
Sono con Giuliano, Domenico, Genna, Tambu e altri tizi che non conosco. Rispetto alla clientela del Lounge noi siamo brutti per davvero. Siamo vestiti con poco, Giuliano ha tre maglie in croce una peggio dell’altra (che tiene compresse in un sacco dell’immondizia perché lo zaino non gli basta), io ho comprato il vestitino e le scarpe da Savers, una catena che vende roba di seconda mano. Il mio vestito non sarebbe male, il problema sono i sandali, pagati $ 9,00, che si sono smontati ancora prima di arrivare a casa dei ragazzi. Sì, sì, smontati, letteralmente: ho dovuto rimediare una vite e un cacciavite e appuntare la stringa, che circonda la caviglia, alla base in sughero.
A parte questo, Den continua a raccontarmi la sua storia. Ci stiamo parlando per la prima volta, lavando i piatti lo vedo sempre di sfuggita. Mi dice che suo papà è alcolizzato e anche lui è parecchio sensibile all’alcol e alle droghe in genere. C’è uno spot di sensibilizzazione al problema dell’alcool in cui si vede il classico barbecue e un papà che chiede al figlio di prendergli una birra. Il ragazzino dopo aver preso la birra dal frigo diventa a sua volta adulto e padre e ripete la stessa scena con suo figlio e così via:




«Noi siamo diversi dagli australiani: loro bevono per ubriacarsi, noi per il gusto di bere», fa Giuliano.
«Ma se fino a un momento fa ti lamentavi che non ti sale la sbornia!»
Forse però un po’ è vero, in Italia si beve in maniera diversa. Forse l’Australia è in questo simile all’Inghilterra, probabilmente perché la matrice è quella anglosassone, c’è un po’ la cultura dello sfinirsi. Sydney è molto inglese in questo senso, come pure St. Kilda a Melbourne. O anche, restando in CBD, c’è un locale in galleria, dentro il centro commerciale, che apre quando i negozi chiudono. È un ritrovo per backpekers, Nicoletta ci va matta, a me fa letteralmente schifo, è un troiaio, in più danno latino americano per gente che, tra l’altro, non ha la benché minima idea di cosa sia un mambo. Per carità, ho un amore ancestrale per Dirty Dancing, è il sogno di una vita ballare come Penny, la patner biondina di Johnny, ma Patrick Swayze è Patrick Swayze, il film è il film, e i tritoni della salsa sono ben lontani dall’immaginario che mi è caro.
Continuiamo la serata, senza sapere che fare. Ci piacerebbe andare in qualche club, ma per i migliori bisogna prendere il taxi, non ce lo possiamo permettere. Così, dopo aver cenato in una gastronomia cinese da $ 10 a testa, andiamo tutti a fare pipì da Mc Donald. Chi non piscia in compagnia è un ladro o una spia, ma soprattutto, dov’è il bagno delle donne? Siamo tutti un po’ su di giri e non ci formalizziamo.
Ripassiamo davanti il Lounge per tornare a casa e mi chiedo dove se ne vanno i miei colleghi quando non lavorano. Ci ho messo qualche settimana prima di scambiare due parole con loro. John, per dire, ha un accento molto forte, non lo capisco quando mi parla. Mi sono invece abituata ai cuochi della cucina e anche se lavo i piatti e sono girata di spalle, quelle che un tempo era un background di suoni umani comincia a prendere forma intellegibile. Questo per dire che una sera che Aaron e Nick facevano i soliti discorsi da uomini, un'immagine appare nel mio cervello "la devi prendere, quella troia, e sbattertela così, te la scopi finché non la sfinisci". E a quel punto mi è venuto naturale voltarmi e dire «Guys, come on!», e allora sì che sono rimasti di sasso e si sono fatti rossi in faccia come due liceali sorpresi a baciarsi nei bagni.
Evvai, la mia lingua fa progressi, sono fiera di me.
Vado in pausa, Nick mi prepara una fumante, morbidissima bistecca sanguinolenta e con quella me ne vado al bancone. Forchetta alla mia sinistra, coltello alla mia destra, mi si avvicina un uomo visibilmente ubriaco che prova ad approcciarmi. Se una ragazza è sola in un bar state pur certi che il radar di qualche maschione, specie se su di giri, la individua, e non importa se ha la faccia stravolta, china sul piatto come se non mangiasse da giorni, e la maglietta lurida.
«Quello che mangi sembra buono…»
«Mmmh, già.»
«Come ti chiami?»
«Mmmh, Caterina.»
«Carolina! Di dove sei? Sei tedesca?»
«No, mmmh, italiana.»
«Ahhh! Italia! P**** D**!»
«Eggià.»
Torno in cucina e racconto quello che mi è appena capitato. Come non detto. Gli chef si lanciano in un coro di imprecazioni e di improperi, sebbene di limitata varietà di selezione. In Italia si bestemmia un casino. Mi ricordo alle superiori, Scuola del Libro di Urbino, il preside di allora dava tre giri a De Andrè quanto a poeticità: spaziava dalla Grecia alla Mesopotamia, tirando in ballo la Vergine in diverse mise. Chiedo poi se in Australia si bestemmia, ma scappa fuori poca roba. E in questo caso sì, mi viene proprio da dirlo Italians do it better.

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