lunedì 21 luglio 2014

Dalla città alla foresta.

Felice, felicissima di lasciare l’ostello. L’ultima sera l’ho trascorsa in camera con le ragazze che ci avevo trovato dentro. La ragazza di New York secondo me era un tutt’uno con il letto e il portatile, non l’ho mai vista in piedi, nemmeno per andare a fare pipì. L’inglese si coricava tutti i giorni alle 18 e passava qualche ora sul cellulare prima di addormentarsi. L’ultima sera siamo state un po’ insieme a chiacchierare e ho letto i tarocchi a tutte. Ovviamente, professionista del campo, le ho lasciate tutte piacevolmente sorprese, anche l’australiana alcolista, che tra una chiacchiera e l’altra s’è scolata una bottiglia intera di vino da sola.
Ero felice più che altro di trovare un posto dove stare.
Prendo il treno da Town Hall. Sulla mappa, Coadcliffe è nel bel mezzo del Parco Nazionale. Sembra davvero vicino alla spiaggia e a giudicare dal sito web Vamana Valley sembra un paradiso, questa volta non mi sbaglio.
Il treno si allontana da Sydney, chilometro dopo chilometro, passata la stazione di Engadine, i centri abitati cominciano a scarseggiare. Dal finestrino vedo solo immense distese di eucalipto e qualche palma, che si stirano morbidamente fino a unirsi nell’orizzonte. Scendo a Helensburgh per cambiare. Wow, sono completamente in mezzo alla giunga! Non so se posso chiamarla “giungla”, ma ci assomiglia molto.
Alla stazione di Coadcliffe non c’è niente. C’è una signora dai capelli di nuvola seduta su una panchina con i piedi a mollo in un catino. La individuo subito come la classica persona bizzarra che bazzica per ritiri matrici e connessioni spirituli, le chiedo quindi dove posso trovare Vamana Valley e lei senza esitare mi dice di girare a destra una volta arrivata infondo alla via.
Il posto è vicinissimo alla stazione, tre minuti a piedi con lo zaino da 20 kg. Giardino immenso, curatissimo, campo da pallavolo, parcheggio. Tre edifici di diversa grandezza. Uno, scoprirò poi, è il dormitorio maschile dei devoti di krisna, uno l’abitazione della cuoca e di sua figlia, l’altra composta da due ali laterali e un corpo centrale di due piani è la sede principale. Le ali laterali sono le stanze per i guests e i volontari, il corpo centrale ospita due ampi saloni in parquet per gli yoga retreit, la sala da pranzo e la cucina.
Mi dicono di parlare con Philipp. Mi immagino, non so perché, un signore anziano, invece è un ragazzo tedesco di appena 23 anni. È carino, sicuramente non il tipo di ragazzo che può piacermi. Io invece mi accorgo di piacergli subito. Mi spiega a larghe linee cosa comporta essere un volontario: in pratica ci si divide i compiti tra gli altri volontari che consistono in apparecchiare per colazione, pranzo, cena, lavare le pentole (i piatti ognuno se li lava da sè), pulire le stanze degli ospiti, i saloni eccetera. Mi racconta poi di essere un monaco, che a 17 anni è andato via di casa, interrompendo gli studi, tutto, per rasarsi a zero, vivere per krisna e volare in Sud Africa. Si vede che è un ragazzo sveglio, molto, molto serio, di quelli con il palo nel culo, come li chiamo io, ma tutto sommato piacevole.
La mia camera è molto carina e accogliente. Ci sono quattro letti, due dei quali a castello. Lea è la ragazza tedesca che divide la stanza con me. Al momento non ci sono altre ragazze a parte Paula, un’australiana di Sydney che viene ogni tanto. Anche lei è silenziosissima, un po’ per timidezza, un po’ per il suo inglese insicuro. Tutto il posto è ovattato nel silenzio. Le chiedo se è anche lei una devota di krisna, mi dice di no. Mi spiega che Joan tiene tutte le sere dopo cena la lezione spirituale e che ogni tanto ci va. Mi dice poi di seguirla che mi mostra il posto. Lei è in Vamana Valley da due mesi ormai. Ci era arrivata con l’idea di fermarsi qualche giorno, poi invece si è trovata bene. L’odore del posto è quello della Chiccoteca di Pesaro, legno, infusi e incensi. No alcol, no fumo, no carne e derivati, solo alimentazione vegana. Nel salone c’è il pianoforte e tanti tavoli in legno massiccio. Su un banco ci sono i tè, gli infusi, un mini frigo con il latte di mucca, di riso, di soia, di original soja. Zucchero rigorosamente di canna, frutta. Prendi quello che vuoi, mi dice.
Mi faccio una doccia e mi preparo per la cena. C’è un tavolo grande per i volontari. I krisna boys fanno gruppo, sono carini ma non troppo socievoli, e altri due ragazzi tedeschi. Il mio inglese è ancora sbilenco, è la prima volta credo, da quando sono in Australia, che non c’è traccia di italiani intorno a me. E la cosa mi fa molto piacere.
Ci metto un po’ prima di sentirmi totalmente a mio agio. La lingua vuol dire tanto. Ho ancora tanto da imparare – e sono trascorsi tre mesi – mi perdo parecchi dettagli, mi stanco un sacco, mi esprimo in maniera grossolana. Nonostante l’esitazione delle mie prestazioni linguistiche non ostacola il mio sense of humor, che è in grado da solo di intrattenere una tavolata.
Dopo cena aiuto Till a lavare i piatti. È un ragazzo tedesco di 19 anni, davvero carino e simpatico. Sono felice dell’ambiente che ho incontrato. Sono tutti molto rispettosi e gentili, curiosi di sapere da dove vieni e che fai. Curiosi, ‘via un pretesto di cui parlare.

Vado a letto presto. Sono così felice di essere in questo lettino di betulla, con la coperta e il portatile sulle ginocchia. Wi-fii everywhere, yeah. Inzio (col duplice significato del termine iniziare) la settimana con la prima puntata della serie Breaking Bad, che mi terrà compagnia per giorni e giorni. Ho detto già a tutti che ho intenzione di fermarmi a Vamana per un paio di mesi, per via del libro, e tutti sono molto contenti.
Il giorno seguente mi sveglio con una proposta della rivista francese Transfuge di illustrare in cinque giorni l’articolo sull’ultimo libro di Walter Siti. Sono un po’ in panico per la tempistica, ma di buono c’è che essendo in Australia ho un giorno in più. Mi tocca a disegnare nel salone dove si pranza perché mi serve un tavolo. Mi scoccia un po’ non avere il senso della solitudine attorno, importantissimo per un disegnatore, e il via vai di gente che passa e vuole vedere che fai non è il massimo, ma direi che posso ringraziare tanto e forte perché sto giro m’è andata davvero, davvero bene!
La colazione comunque è immesa. Tre tipi differenti di pane, due tipi di burro, marmellate, Vegemaite, burro di noccioline, tre differenti tipi di cereali, latte di mucca, di riso, di soja, frutta. La colazione è e resterà per sempre il mio pasto prediletto.

Gli ospiti, i guests, non vi ho detto, ma l’avrete immaginato, vanno e vengono. Al mio arrivo c’è uno sparuto gruppo di danzatori e suonatori della Taketina, una danza eseguita cantando, che ho provato a farmi spiegare, che tende a riprodurre “le vibrazioni della natura e perciò, praticandola, entriamo in contatto con essa”. Ma qual è lo scopo, chiedo a uno dei maestri, “vivere in armonia e in assoluta pace”. Vi anticipo già che è stato il gruppo più simpatico tra quelli che ho incontrato in ben quattro mesi, dalla metà di febbraio alla metà di maggio. Per la maggior parte saranno gruppi yoga, niente di particolare, la gente viene per fare ginnastica. I migliori sono quelli che cercano le “connessioni” che hanno voglia di parlare e di attaccare bottone. I peggiori quelli del silenzio, tipo stanno dieci giorni senza parlare, si alzano alle cinque per meditare e alle sette di sera vanno a dormire, e quelli che gridano, che invece urlano per una settimana di fila, ma non mi sono mai capitati.

Le prime giornate trascorrono veloci grazie alle illustrazioni da fare. Mi è tutto ancora molto estraneo, non mi sento a casa. Ho notato però che questo è normale viaggiando, ci vuole sempre un po’ all’inizio prima di ambientarsi, e una volta che lo sai ti passa prima.
Non mi danno mai le colazioni, sempre il pranzo e la cena, questo significa che posso dormire fin che voglio, la colazione la smantellano alle dieci. Significa anche che posso disegnare fino tardi, immersa nella notte, finalmente sola. Quasi sola. Un opossum entra nel salone e si fionda a mangiare la frutta. Quant’è bello!!! Non ho mai visto un opossum dal vivo. Mi avvicino. Tanto. Ha il nasetto rosa rosa, gli occhi neri dei roditori, una bella coda lunga striata, più gonfia all’estremità. Riesco a toccarlo, troppo impegnato a mangiare per curarsi di me.

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